Un appello alla scienza

Liberi di coltivare: un appello alla scienza

Vogliamo rivendicare la libertà di coltivare senza l’uso di sostanze di sintesi e senza OGM.

Il binomio agricoltura-salute si colloca nell’ampissimo dibattito sull’impatto che l’agricoltura ha sul benessere della popolazione e sullo sviluppo del territorio.

Il ruolo dell’agricoltura non si esaurisce nella fornitura di beni destinati all’alimentazione, ma si estende alla produzione di beni pubblici di natura sociale e ambientale (produzione di paesaggio, protezione dal dissesto idrogeologico, contrasto ai cambiamenti climatici, tutela della biodiversità, benessere animale). In questo’ottica emerge l’importanza di portare l’attenzione di tutti su come differenti pratiche agricole e tecniche di allevamento possano determinare un diverso impatto sulla salute e sull’ambiente.

Va sottolineato, poi, come, oltre agli effetti diretti sull’ambiente e sulla salute, il riversamento nell’ambiente di sostanze inquinanti e tossiche si configuri come concorrenza sleale ai danni delle imprese che non inquinano: mancando, infatti, una concreta e puntuale applicazione del concetto “chi inquina paga” (presente nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), i costi ambientali dei processi produttivi non incidono sul prezzo finale dei prodotti, ma gravano sulla collettività. Conseguentemente, i processi “puliti”, già oberati dagli oneri economici delle eventuali certificazioni e da rese produttive in molti casi inferiori (si pensi all’esempio dei prodotti da agricoltura biologica), si confrontano sul mercato con prodotti iniquamente più economici.

Il sito si propone di alimentare un dibattito, basato su fatti e documenti, inerente queste tematiche e, in particolare, sul discusso impiego degli OGM in agricoltura .

“Liberi di coltivare” nasce a seguito della pubblicazione della lettera aperta che il Cav. Valentino Mercati rivolge alla Prof.ssa Elena Cattaneo e agli altri scienziati che sul Sole 24 ore del 6 Luglio e del 13 luglio si sono espressi a favore della coltivazione di piante geneticamente modificate in Italia.

Il mio appello alla scienza è rivolto in modo specifico a chi sa o dovrebbe sapere non solo come si fa a modificare il genoma di piante o altri esseri viventi, ma anche quali effetti economici ed evolutivi a breve, medio e lungo termine ci si può attendere dall’introduzione nell’ambiente e nel mercato di prodotti OGM.

Sulle informazioni non veritiere apparse sui due articoli in oggetto torneremo per focalizzarne alcuni punti fondamentali, ma in primo luogo colpisce l’affermazione dalla Senatrice Cattaneo che reclama , in nome della scienza, il diritto  di sperimentare e produrre immettendo OGM nell’ambiente, poiché a suo dire, non vi sono prove di possibili effetti negativi sulla salute dell’uomo e quindi impedirne l’utilizzo significa comprimere arbitrariamente la libertà d’impresa.

Gli OGM diventano quindi una battaglia per la libertà.

E questo è proprio il nostro punto di partenza.

Noi coltiviamo in regime di agricoltura biologica su circa 1.000 ettari  piante medicinali che poi trasformiamo in sostanze utili per la salute dell’uomo. Già oggi non sappiamo come difenderci dalla contaminazione di materiale geneticamente modificato derivato dalla deiezioni di animali allevati con mangimi OGM e un domani, qualora venisse ammessa la libertà di coltivare OGM, non sapremmo come difenderci dal rischio di contaminazione da pollini di piante geneticamente modificate, pollini che possono spostarsi per decine di km.

Allora la domanda che poniamo agli scienziati è questa:

  • una volta ammesse coltivazioni OGM come potremmo difendere le nostre coltivazioni e garantire l’assenza di contaminazioni?
  • Chi e come dovrebbe farsi carico di questo?
  • Con quali mezzi si può oggi garantire scientificamente la coesistenza?

Già oggi queste problematiche appaiono irrisolte nel rapporto tra agricoltura biologica e agricoltura convenzionale e sono tali da  creare palesi distorsioni di mercato.

Si pensi che chi vuole fare agricoltura biologica si trova nella condizione di dover sostenere costi di certificazione (per certificare che NON utilizza sostanze chimiche tossiche) e costi per difendersi dall’inquinamento dalle sostanze chimiche usate nei campi vicini (si pensi all’assurdo per cui è il coltivatore BIO a dover destinare intere porzioni di terrà per difendersi dalla contaminazione da pestidici e altri fitofarmaci usati nelle coltivazioni confinanti).

Tutti questi oneri, che comportano un aumento dei costi dei prodotti BIO, in realtà dovrebbero ricadere sulle spalle di chi immette le sostanze tossiche e  pericolose nell’ambiente. Si tratterebbe della elementare applicazione del principio chi inquina paga, la cui disapplicazione però altera irrimmediabilmente  la concorrenza poiché questi costi sociali ed ambientali non vengono riflessi nel prezzo dei prodotti convenzionali che pertanto appaiono più competitivi di quelli biologici.

Tutto questo oggi è oggetto, ad esempio,  di un interessante dibattito in Trentino, dove il Comune di Vallarsa per la prima volta ha affermato questo principio in agricoltura, invertendo l’onere della prova e aprendo nuove grandi prospettive per coniugare sostenibilità ambientale, reddittività delle produzioni agricole e valorizzazione del territorio (Nella sezione “Download” potete trovare i documenti relativi).

D’altra parte la competitività dei prodotti ottenuti con pratiche agricole convenzionali o degli allevamenti che utilizzano alimenti OGM si basa anche su una totale mancanza di trasparenza. E ciò appare evidente dalle stesse parole della Senatrice quando reclama la necessità di coltivare OGM perché tanto già li importiamo per alimentare i nostri animali e quindi, pur senza saperlo, siamo già tutti contaminati, per cui, questa è la sua riflessione,  perché non prenderne atto e iniziare a coltivarli direttamente. Ora ancora una volta si rovescia il quadro.

A noi pare che la prima cosa sarebbe rendere trasparenti le etichette e comunicare ai consumatori che la maggior parte della carne, del latte, dei formaggi che mangiamo sono ottenuti con alimenti OGM, sarà a questo punto il mercato ed i consumatori a scegliere tra questi cibi e quelli invece ottenuti con allevamenti biologici OGM free.

Per noi nei mercati internazionali è fondamentale poter certificare l’assenza di sostanze OGM ovvero di inquinanti chimici, e ciò perché sempre più consumatori nel mondo ricercano questi valori.

Perché allora tutelare la libertà di chi immette sostanze pericolose nell’ambiente (riconosciute come tali o potenzialmente tali, siano esse sostanze OGM o sostanze chimiche inquinanti) e non la libertà di chi non vuole farlo?

Responsabilità degli operatori nel controllo delle esternalità in agricoltura e trasparenza verso il consumatore, questi sono a nostro avviso i veri cardini di una reale battaglia per la libertà.

Si consideri poi che molte delle affermazioni contenute nei due articoli citati a noi appaiono anche tecnicamente sbagliate o comunque fuorvianti. Si consideri ad esempio il passaggio per cui si sostiene che le coltivazioni OGM riducono l’uso di fitofarmaci, essa è del tutto priva di fondamento, basti pensare che il 90% del mais OGM in circolazione è stato modificato proprio per essere resistente a specifici erbicidi, il cui uso prolungato determina l’insorgere di pericolosissimi fenomeni di resistenza che creano dei super infestanti e inducono un aumento progressivo dell’utilizzo di fitofarmaci.

Altra affermazione palesemente assurda è che gli OGM favoriscono la biodiversità, quando in realtà essi nascono per realizzare enormi coltivazioni di monoculture e questa è la realtà in tutto il mondo.

Dire che il mais BT favorisce la biodiversità poiché riduce l’uso dei pesticidi non è corretto poiché oggi è dimostrato che queste coltivazioni (che rappresentano peraltro solo il 10% del totale del mais OGM) determinano l’insorgere di insetti resistenti e i pollini che contengono la tossina si possono depositare su piante diverse uccidendo altre specie di insetti in modo del tutto incontrollabile.

Gli OGM pertanto non risolvono i problemi creati dall’agricoltura convenzionale, ma anzi li esasperano.

La documentazione a supporto di quanto da noi sostenuto è già disponibile on-line sul sito www.liberidicoltivare.it,  che abbiamo deciso di aprire proprio per alimentare il dibattito e dove abbiamo anche previsto un’area forum per invitare gli scienziati destinatari di questa nostra lettera e chiunque sia interessato a commentare e inserire i documenti a supporto delle tesi sostenute. Per un dibattito aperto ma basato su fatti e documenti.

Resta un ultimo ma fondamentale tema. Il nostro paese ha bisogno di OGM?  É’ questa la soluzione ai problemi dell’Italia?

Sul tema appare illuminante la risposta già data dal ministro Martina sul Sole 24 Ore del 14 Luglio e come operatori economici del settore non possiamo non tornare sul fatto  che in tutto il mondo vi è un crescente mercato per i prodotti alimentari di qualità, certificati per l’assenza di sostanze chimiche artificiali e per essere OGM Free.

L’Italia si gioca in questo ambito una partita fondamentale e la domanda è:

  • vogliamo competere con Stati Uniti e Argentina per produrre soia OGM a costo più basso  per alimentare bovini o vogliamo valorizzare le eccellenze del territorio italiano?

Se la forza del sistema produttivo italiano risiede nella specificità e tipicità dei prodotti, questa caratteristica appare chiaramente in contrasto con gli OGM che sono l’espressione dell’omologazione produttiva e dello sfruttamento economico della grande privativa industriale.

Vi è oggi una grande prospettiva per l’Italia: coniugare produzione alimentare di qualità con la salubrità dell’ambiente e la sostenibilità delle pratiche agricole, elementi fondamentali per la valorizzazione del territorio, lo sviluppo del turismo e il posizionamento a livello globale del brand ITALIA.

L’introduzione degli OGM ci priverebbe di questo vantaggio competitivo non apportando alcun altro vantaggio economico.

D’altra parte l’introduzione di sostanze OGM sarebbe sostanzialmente irreversibile e l’impatto sulla salute e sull’ambiente dovrebbe comunque essere valutato in una prospettiva temporale di medio/lungo periodo, certamente trans-generazionale. E allora l’ordinamento prevede in questi casi l’applicazione del “principio di precauzione”.

Anche negli anni ’60 e ’70 si ritenne di ammettere in nome della libertà e della mancanza di prove di effetti nocivi l’utilizzo di sostanze chimiche artificiali in agricoltura (pesticidi e altri fitofarmaci).

Molte di queste sostanze sono oggi riconosciute (dopo anni di utilizzo) come tossiche e sono alla base di molte malattie, tanto da essere oggetto di un apposito regolamento  europeo (il Reach) che si preoccupa, con notevoli difficoltà, di come eliminarle dall’ambiente e dai nostri stessi organismi.

Se pertanto vi sono rischi, anche solo potenziali, e non vi sono ragioni economiche tali da indurci ad ammettere gli OGM, perché farlo?

Per contributi e opinioni sul tema ci auguriamo che il dibattito possa continuare sul sito web: www.liberidicoltivare.it

Cav. Valentino Mercati
Presidente Aboca

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